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Dedalo

 

«Chi l'ha detto che genio è saggezza?!

La mia genialità fu solo sregolatezza.

Fui architetto, scultore e inventore,

seguivo solo il mio spirito creatore.

 

Col mio genio e con solo pochi mezzi,

inventai "il trapano" e tanti attrezzi,

statue che si muovevano tutte sole,

una, su tutte, aveva una vasta mole.

 

Talo, mio nipote, era un mio allievo,

ma la sua concorrenza assai temevo.

Osservando la dentatura d'un serpente,

un dì inventò  "la sega", mirabilmente.

 

Questi inventava vari attrezzi interessanti:

"il tornio", "il compasso" e ancora tanti.

L'invidia, allora, accecò la mia mente:

lo lanciai dalla Acropoli, istintivamente,

 

però prima che si sfracellasse al suolo,

Atena lo mutò in uccello e prese il volo.

Per sfuggire ad una condanna concreta,

andai dal re Minosse, nell'isola di Creta.

 

Qui il mio genio da tutti fu apprezzato,

a Corte ero molto stimato e rispettato.

Un giorno, però, senza alcuna morale,

aiutai Pasìfae ad unirsi ad un animale.

 

Costruìi il Labirinto; chiusero in esso

il frutto mostruoso di quell'amplesso.

Con un filo ad Arianna, diedi una mano,

per eliminare quell'essere tanto strano.

 

Poi con mio figlio Icaro fui trasferito

nel Labirinto, che io avevo costruito;

qui i miei giorni avrei dovuto finire,

ma io pensai, da subito, come uscire.

 

Solo volando via dall'alto l'uscita era.

Allora io creai le ali con piume e cera.

Ammonii Icaro di non volare in alto,

poi spiccammo il volo con un salto.

 

Ma Icaro troppo in alto volle volare,

si sciolse la cera e lo vidi precipitare.

Solo e afflitto toccai la costa cumana,

andai dopo in  Trinacria, in terra sicana.

 

A Càmico dal re Còcalo fui  ospitato,

ma da Minosse, poi, venni ritrovato.

Mi liberai del mio segugio, finalmente,

facendogli fare un bel bagno bollente.»

 

                        (Pino Bullara)

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